Buon pomeriggio lettori,
oggi vi parlerò del secondo volume della trilogia di Daevabad.
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TRAMA:
La vita di Nahri è cambiata per sempre nel momento in cui ha accidentalmente evocato Dara, un misterioso jinn. Fuggita dalla sua casa al Cairo, si è ritrovata nell'abbagliante corte reale di Daevabad, immersa nelle cupe conseguenze di una battaglia devastante, e lì ha scoperto di aver bisogno di tutto il suo istinto truffaldino per sopravvivere. Anche se accetta il suo ruolo ereditario, sa di essere intrappolata in una gabbia dorata, controllata da un sovrano che governa dal trono che una volta apparteneva alla sua famiglia: basterà un passo falso per far condannare la sua tribù. Nel frattempo, Ali è stato esiliato per aver osato sfidare suo padre. Braccato dagli assassini, è costretto a fare affidamento sui poteri spaventosi che gli hanno donato i marid. Così facendo, però, minaccia di portare alla luce un terribile segreto che la sua famiglia ha tenuto nascosto a lungo. Intanto, nel desolato nord, si sta sviluppando una minaccia invisibile. È una forza capace di portare una tempesta di fuoco proprio alle porte della città. Un potere che richiede l'intervento di un guerriero combattuto tra un feroce dovere a cui non potrà mai sottrarsi e una pace che teme di non meritare mai.
RECENSIONE:
Questo volume è sicuramente diverso rispetto a Città d'Ottone. Se nel primo volume, c'era molta azione, qui troverete molta carne al fuoco tra intrighi politici, segreti e quotidianità. La dinamicità è completamente diversa, tant'è che all'inizio, può risultare un pò lento.
Il regno di Rame si apre cinque anni dopo la fine di Città d'Ottone, cinque anni dalla morte di Dara per mano di Ali.
Ritroviamo Nahri che ha dovuto sposare Mantandhin, principe di Daevabad, intrappolata in una gabbia dorata che prova a fare del suo meglio per trarre vantaggio dall'alleanza stretta col re Ghassan.
Stare da sola porterà Nahri a confrontarsi con se stessa. In città d'Ottone era molto legata e quasi dipendente da Dara, qui, invece, anche se la troviamo distaccata e insicura, ferita nel profondo e in lutto per una persona a cui voleva estremamente bene, ci mostrerà quanto una donna possa farsi valere. Troverà il coraggio di ricostruire il vecchio ospedale appartenuto ai suoi antenati. La paura è tanta: il re la tiene al guinzaglio e suo marito è sottomesso ai voleri del padre. Come la vedrà il re? Come atto di ribellione di una moglie disobbediente oppure come un opportunità?
La seconda storyline è quella di Ali, esiliato dal padre, riesce a trovare un pò di pace con un gruppo di nomadi. Con loro il principe scoprirà di avere dei poteri straordinari donatogli dai Marid dopo la possessione avvenuta nel lago, poco prima della morte di Dara. Ovviamente questo andrà a favore del popolo di Bir Nabat un tempo luogo di siccità e povertà, ora è fiorente e verde. Ma il destino ha altri piani per il nostro principe.
Navasatem sta arrivando, una celebrazione per festeggiare l'inizio del secolo. Dopo essere tornato a Daevabad, Ghassan proibisce ad Ali di partire fino a dopo Navasatem, Ali vorrebbe ritornare a Bir Nabat è l'unico posto in cui vuole stare anche perchè suo fratello Muntadhir non può assolutamente sopportarlo e Nahri non vuole avere niente a che fare con lui.
"una minaccia ad una persona cara è un metodo di controllo più efficace rispetto a settimane di tortura"
Quello che mi ha stupito di questo volume è che non soffre della sindrome del secondo libro. Come accennavo prima la dinamicità è diversa ma non significa che sia brutto o statico. L'autrice di dona più informazioni del sistema magico, delle origini del popolo di Daevabad e della città stessa.
Ultimo POV- che mi ha scioccato- è proprio quello di Dara; viene riportato in vita da Manizheh una Nahid che tutti credono morta tranne un piccolo numero di Daeva - e la madre di Nahri.- che lo libera dalla maledizione di Solimano. La schiavitù di Dara ha vita breve perchè verrà manipolato da Mani per riconquistare Daevabad, appartenuto originariamente al popolo dei Nahid. Passato e presente si scontrano così in Darayavahoush.
"Non smetti di combattere una guerra solo perchè hai perso una battaglia"
Il regno di rame è un avventura epica all'insegna dell'adrenalina e della tensione.
Ciò che caratterizza questo volume è, sicuramente, la crescita di ciascun personaggio. Ognuno deve lottare contro le proprie debolezze, pause e conseguenze di azioni passate. Si metteranno a nudo e cambieranno pelle per crearne una corazza indistruttibile. Vedere le relazioni che non sono per niente come prima, le lacune che si colmano, le amicizie riparate e le relazioni disintegrarsi, la lealtà diventare dubbio è stato semplicemente straordinario.
"Sono stanco di tutti quelli che, in questa città, si nutrono di vendetta. Sono stanco di insegnare ai nostri figli a odiare e temere gli altri bambini perchè i loro genitori sono nostri nemici. E sono stufo marcio di comportarmi come se l'unico modo per salvare il nostro popolo sia abbattere tutti coloro che potrebbero opporsi a noi, come se i nostri nemici non restituissero il favore appena il potere cambia mano"
I temi affrontanti in questo volume sono molto forti. Di fatti l'autrice parla di schiavismo, razzismo, colonialismo, guerre, discriminazioni e vendetta. Il messaggio che lancia la Chakraborty è molto chiaro: la violenza genera altra violenza. Cos'è veramente giusto? Cos'è realmente sbagliato? è giusto essere leali senza porsi delle domande?
Altra cosa che ho amato è che l'autrice abbia dato luce anche a personaggi secondari come Jamshid, Nisreen e Zaynab e abbia trattato temi come la bisessualità e omosessualità con delicatezza e maestria.
Non posso che consigliarvelo caldamente soprattutto agli amanti dell'Oriente, a coloro che amano i libri con questioni regali e politiche e a coloro che amano i libri esplosivi- soprattutto i finali illegali.
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