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Segnalazione+ Intervista a Salvatore Improta

Ciao a tutti!
come state?
Volevo condividere con voi la mia felicità! Da oggi collaboro con la Geeko Editor 😍
Quindi per iniziare al meglio questa splendida oppurtunità vi parlo di Salvatore Improta e del suo romanzo "Brucia"




Titolo: Brucia

Autore: Salvatore Improta

Edito: Geeko Editor

Pagine: 372

ebook: 5.00









AUTORE:
Salvatore Improta nasca  a Napoli nel 1979, vive a Bologna dal 2001 e lavora a Rimini dal 2015 come responsabile di Sistemi di Gestione. Accanito lettore, figlio di un litografo, i suoi autori preferiti sono Saviano, Auster, Fante, Ammaniti, Brizzi... si è avvicinato giovanissimo alla scrittura, in primo luogo di racconti brevi.
BRUCIA è il mio secondo romanzo è disponibile tra gli e-book della grande famiglia Geeko!

TRAMA:
Gioia è una scrittrice irrequieta, a tratti nichilista e impulsiva, gira per i bar con la sua Moleskine nera da cui non si separa mai e cerca tra le persone che incontra i volti dei personaggi delle storie che annota sul suo taccuino. In questo modo incrocia un misterioso ragazzo dagli occhi profondi: diventerà lo spunto per il personaggio di Pier, un giovane uomo che cerca di combattere un male che piano piano consuma la sua esistenza, annebbiando il suo passato.Il ragazzo dagli occhi intensi è Andrea: anche lui giovane scrittore che si divide tra università, lavoretti e le irrinunciabili sessioni al computer, in cui dà vita alle storie che si dipanano nella sua testa. Sensibile, un po’ masochista e un po’ strafottente, curioso fino all’ossessione e creativo, Andrea scrive di Roberta, donna alla ricerca di se stessa che rimane sconvolta a seguito di un’inquietante scoperta…I capitoli dedicati ad Andrea e alla sua storia si alternano in modo irregolare a quelli dedicati a Gioia e al suo racconto, fino a quando i destini dei due ragazzi non si incrociano fatalmente, scompigliando le pagine della loro esistenza.La storia si svolge tra tre città, Bologna, Ferrara e Napoli, che si fanno vive e tangibili, le loro atmosfere diventano direttamente respirabili tra le pagine del romanzo. All’inizio di ogni sezione si fa riferimento ai nomi di strade realmente esistenti in cui avvengono i fatti, regalando delle inquadrature quasi cinematografiche dei personaggi che si muovono alla scoperta di luoghi inaspettati (e) di se stessi. Inoltre ogni capitolo prende il nome da una canzone la cui musica avvolge le parole della storia e ne scandisce il ritmo, in un crescendo di suggestioni ed emozioni.Salvatore Improta ci dona un libro intenso sull’amore e sulla forza della creazione letteraria, in cui i protagonisti crescono insieme ai loro personaggi e in cui le storie prendono vita, si incrociano e si contaminano, forgiando legami di sangue e inchiostro. Una storia potente, penetrante, in bilico tra lirismo e surrealismo, che trasforma l’amore per la scrittura in una passione in grado di superare tutte le barriere, lasciando un segno che brucia.Brucia è un romanzo consigliato a chi ama immergersi completamente in atmosfere e sensazioni, a scrittori tormentati e lettori appassionati, a chi crede nella forza delle emozioni e delle storie.


INTERVISTA SVOLTO DALLO STAFF DELLA GEEKO EDITOR:

Brucia è la tua prima pubblicazione e da quello che abbiamo capito è un progetto che ti ha portato via un bel po’ di tempo e di energie, oltre a essere importante per te. Come è nato e come l’hai sviluppato?
Salvatore: Brucia, per restare in tema, mi arde dentro da oltre 10 anni, anche se non è il primo libro a cui ho lavorato (il primo per ora è in un cassetto virtuale in tacita attesa). I primi file di quello che all'inizio si chiamava Across the life, sono datati 2006 ma hanno radici anche più antiche. L’idea nasce sulle ceneri di un racconto breve (divenuto Cicatrici su Geeko Editor) che inizia a circolare nei miei appunti nel 2004. Mi apprestavo ad entrare nell’età adulta e per la prima volta mi trovavo ad affrontare temi quali la paura della morte e quella della perdita di memoria. Dovevo dissacrarli, parlandone e scrivendo di loro. Ma decisi di non farlo in prima persona, bensì di lasciarlo raccontare a qualcun altro per conto mio (Andrea e Gioia). Il testo è diventato così un contenitore di emozioni. Alcuni giorni scrivevo anche cento pagine e poi per mesi interi non mettevo giù neppure una virgola. A marzo 2008 però il testo aveva assunto una forma molto simile a quella attuale. Lavorarci, quando sentivo il bisogno, mi rilassava e così, non avendo necessità editoriali, riscrivevo interi capitoli, li rivedevo, li modificavo, inserivo e tagliavo personaggi e ambientazioni. Poi ho detto basta. Brucia era cresciuto e doveva camminare con le proprie gambe. Ho così messo giù un’ultima revisione. È iniziato così a circolare tra pochissimi intimi amici (auto-stampato nel 2010 e nel 2015). Durante la primavera del 2017 ho incontrato Geeko ed il resto è…questa intervista.

Domanda banale, banalissima: c’è qualche elemento autobiografico?
Salvatore: La domanda, che per te sembra banale, per me è difficilissima. È difficile rispondere senza svelare nulla del libro. Ci provo. Diciamo che c’è più di elemento autobiografico. Questi (gli elementi autobiografici) sono spalmati in molti personaggi. Uno dei protagonisti invece esiste davvero, e si chiama proprio così e ha tormentato buona parte della mia gioventù (Alba di Geeko che ha curato l’editing del libro sa chi è…). Negli altri protagonisti invece sono presenti molte tracce autobiografiche: qualcuno ha visto qualcosa che ho visto io, ha detto qualcosa che ho detto io o le persone a me vicine, ha letto, toccato, sfiorato, sentito, vissuto quanto fatto da me e dai miei cari. Ho risposto? Spero di si!
Si tratta di un romanzo difficilissimo da catalogare. Ha sia elementi realistici sia fantastici, e rimandi a vari generi. Come lo definiresti? Lo inseriresti in un genere oppure no?
Salvatore: Brucia è sicuramente un romanzo di formazione. Tutti i personaggi cambiano le loro vite durante le pagine, entrando nell’età adulta con il loro carico di domande; per la prima volta si trovano ad affrontare scelte dolorose e decisive; a tratti sono fragili ed insicuri, mostrando nel tempo carattere e personalità (quando necessario, anche capaci di essere stoici). Sono molto affascinato dalla scrittura di Paul Auster e in alcune vertigini narrative di Brucia lo si può chiaramente ritrovare. Wikipedia pone la sua scrittura nel postmodernismo, parlando anche di trascendentalismo e di esistenzialismo. Sono termini davvero troppo, troppo impegnativi per il mio libro. Non riesco a inserirlo in un genere unico (come hai detto anche tu, a tratti c’è del fantastico tinto di giallo). Senza superbia mi piace dire di essere vicino al filone moderno americano di Safran Foer ed Eggers, che sempre Wikipedia definisce Realismo Isterico (e di essere non troppo distante dalla scrittura dei primi Ammaniti e Brizzi).
Brucia è un romanzo che si basa su molti elementi, fra i quali un’attenta ricostruzione della geografia e delle atmosfere delle città che fanno da sfondo al romanzo. Puoi parlarci un po’ di queste ricerche e di come influiscono sul processo creativo?
Salvatore: Avere piena coscienza delle location in cui si svolgeranno le storie mi permette di far muovere i personaggi senza forzature. Nel caso di Brucia, ho cercato di riprodurre, nella mia mente, lo spazio in cui avveniva la storia. L’ho fatto recandomi in ogni posto descritto nella storia. Toccavo con mano le porte, respiravo l’aria, sentivo i rumori delle strade, mi perdevo nelle nebbie. Camminavo sulle moquette degli alberghi e negli androni chiusi dei palazzi signorili (suonando al citofono fingendomi un postino o un tecnico dell’acquedotto). Ho visto tutti gli spazi: gli autobus affollati, i portici durante la pioggia, i bar e le case dei protagonisti. Conservo ancora le chiavi di un vecchio appartamento in cui ho vissuto. O meglio, quelle del portone e del terrazzo al nono piano, da cui si può vedere tutta BolognaTutto ciò veniva appuntato in file o pagine ‘giallognole’ di Moleskine e poi confluiva nelle storie. Quando percorro una via descritta nel libro, ho ancora l’impressione di scorgere Andrea e Gioia.
Tu sei napoletano  di nascita, ma hai ti sei spostato per necessità lavorative. Tuttavia dal romanzo si evince un forte amore per Bologna e Ferrara, tue città di adozione. Ce ne vuoi parlare?
Salvatore: Per un napoletano lasciare la propria terra è un dolore immenso. Siamo molto legati a tutto ciò che costituisce il nostro territorio, spesso martoriato. È un cordone ombelicale che non si spezza. Da adolescente dicevo che non avrei mai lasciato Napoli, che avrei provato in tutti i modi a restare. Ma Napoli da’ e Napoli toglie.Così spinto da cocenti delusioni sociali sono emigrato, senza troppe resistenze ma con una buona dose di insoddisfazione. Ferrara prima e Bologna poi. Due città troppo grandi per essere paesi e troppo piccole per essere metropoli. Mi hanno adottato. Ferrara è stata la culla, Bologna lo svezzamento di un giovane Italiano. Le ho conosciute come conosco Napoli, tra la gente del posto con i loro accenti e dialetti diversi, che non saprò mai parlare come il mio, ma che un po’ ho imparato a comprendere. In merito a questo c’è una cosa che mi piace tanto (e a momenti alterni mi da fastidio da morire). A Bologna dicono che si sente che sono di Napoli, che non ho perso l’accento. Qualcuno spesso lo sottolinea. A Napoli dicono che sono diventato settentrionale, che ho perso la malizia partenopea e che delle volte tiro fuori dei termini nordisti. Ne dico un’altra, che mi da’ meno fastidio e mi fa ridere: a Bologna dicono che si capisce che sono napoletano da come guido, mentre a Napoli dicono che non so guidare più.
Il tuo romanzo vive del rapporto con la musica, con le canzoni, con il loro ritmo: riesci a raccontarci il modo in cui musica e scrittura si incontrano nella tua opera?
Non c’è stata alcuna forzatura nel testo. Le canzoni delle volte erano già lì, chiare, prima ancora delle parole, in altri casi venivano fuori durante la scrittura. Uno dei miei capitoli preferiti si chiama Yes, I know my way. Io conosco la mia strada. È un brano di Pino Daniele che dice: metti i bambini al sole perché devono capire dove fa freddo e dove c’è più calore. Ecco, la musica in Brucia (e non solo, è un qualcosa di ricorrente in tutto ciò che scrivo) è un tutt’uno con la fiction. In fondo ogni momento della mia esistenza (famiglia, affetti, delusioni) è segnato da una canzone. Tanto che non saprei dire qual è la mia canzone preferita. Per ogni fotogramma della mia esistenza c’è un brano. E così è stato anche per Brucia.
Veniamo al punto fondamentale: la scrittura! Il tuo è (anche) un romanzo sul processo creativo di due scrittori, e sul modo in cui curano le loro opere. Da quanto scrivi? Hai scritto sempre e solo racconti e romanzi come Brucia?
Scrivo da quando ho iniziato a scrivere, non precoce, avevo 6 anni. Scrivevo microstorie, principalmente fantastiche (negli anni ’80 i robot giapponesi andavano per la maggiore). Usavo una biro di colore diverso per ogni rigo, in giro a Napoli deve esserci ancora qualche quaderno, di quelli spessi più di un centimetro, pieno di errori ortografici contornati di storie. Crescendo non ho mai faticato a scrivere. Diari malinconici, lettere sdolcinate alle mie amiche, poesie (non erano un granché, ho presto lasciato perdere), testi di pessime canzoniPoi sono arrivati i primi blog – finalmente. Che scoperta! Il primo deve essere stato nel 2001. www.inverosimilmente.blog.tiscali.it. Mi permetteva di scrivere qualunque cosa e di veicolarlo con un link. Nei blog la migliore forma narrativa è quella che solitamente prediligo: il racconto breve. Molti mie racconti brevi e molte altre storie hanno le caratteristiche di BruciaI personaggi vivono ‘pezzi’ della mia vita (o di quella di miei cari e amici o semplici sconosciuti) che poi si aprono in contesti diversi. Esistono davvero l’amica celiaca e il suo tormentato spasimante, il conoscente che di mestiere fa il custode notturno del cimitero o il cugino assetato di gioco. Due nonni su quattro hanno perso la memoria durante la senilità, tema tra quelli di Brucia. Con Geeko Editor invece mi sono cimentato per la prima volta nell’horror, anche se il racconto che evocava solo suggestioni. Adoro King e la sua scrittura, ma credo che la mia cifra stilistica sia attualmente nel racconto/romanzo che scende nell’anima, nell’intimo dei personaggi. Anche il libro custodito gelosamente nei file (a cui spero presto di lavorare) pur essendo ambientato nel dopoguerra ha la stessa caratteristica.

Domanda di rito: a chi consiglieresti Brucia? Qual è il tuo lettore ideale, se c’è?
Sono in imbarazzo, lo consiglierei a tutti. Dovendo scegliere lo consiglierei a chi ama perdersi nella lettura ed immedesimarsi in personaggi caratterialmente forti. Avendo una venatura noir non dovrebbe dispiacere a chi ama il giallo. In fine credo che sia un libro senza età, potrebbe piacere agli adolescenti, ricordare l’adolescenza agli adulti, omaggiare i figli di genitori ormai sessantenni. Di certo mi piacerebbe rispondere alle curiosità che potrebbero nascere, svelando i retroscena di una storia che Brucia.

   

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